AGRIGENTO – Dopo la fine della gestione Patronaggio, sotto la quale si posero le basi per la sottoposizione a inchiesta del ministro Salvini e la discolpa della Carola Rackete, capitana di nave Ong speronatrice di vedette della Guardia di Finanza, la procura di Agrigento sembra aver cambiato orientamento e ha iniziato indagini anche sulle attività di “traghettamento” dei migranti. Quattro cittadini tunisini sono in carcere perché accusati di aver depredato alcune imbarcazioni di migranti nel mar Mediterraneo, partite dalla Tunisia e dirette a Lampedusa. Sono accusati di pirateria marittima, reato previsto dall’articolo 1135 del Codice della navigazione, il testo che in Italia regolamenta e disciplina la navigazione marittima e aerea in territorio nazionale.
E’ la prima volta che qualcuno viene accusato di aver compiuto questo reato nella tratta migratoria compresa tra Libia, Tunisia e Sicilia, ha detto Andrea Palermo, vice dirigente della squadra mobile di Agrigento, che ha effettuato gli arresti su ordine della procura di Agrigento. I quattro tunisini sono il capitano e tre membri dell’equipaggio di un peschereccio. Secondo quanto ricostruito dalla procura di Agrigento, avrebbero intercettato alcune imbarcazioni di migranti al largo della costa tunisina, avrebbero sbarrato loro la strada e le avrebbero abbordate, per poi minacciare le persone a bordo con dei coltelli e costringerle a consegnare loro il motore dell’imbarcazione, i contanti e i cellulari che avevano con sé.
I quattro tunisini erano stati fermati lo scorso 24 luglio dopo il naufragio di una delle imbarcazioni di migranti che avevano intercettato: delle persone a bordo poi 37 erano state soccorse, 5 risultano disperse. A bordo del peschereccio non c’erano reti o attrezzi da pesca, ma almeno altri tre motori di imbarcazioni, centinaia di euro e decine di cellulari, fondamentali per i migranti per poter chiedere aiuto.
Il procuratore di Agrigento Salvatore Vella, ha detto che non è la prima volta che succede una cosa simile: ha aggiunto che metà delle piccole imbarcazioni che raggiungono le coste siciliane dalla Tunisia arrivano senza il motore e che diversi migranti soccorsi avevano già raccontato di essere stati intercettati, fermati e minacciati da uomini tunisini che volevano rubare motore, contanti e cellulari. Finora, però, non erano mai state avviate indagini contro i presunti responsabili di queste operazioni. Si ipotizza che i cittadini tunisini arrestati collaborassero con i trafficanti di esseri umani che gestiscono le partenze dei migranti da Sfax, la città tunisina da cui partono più imbarcazioni dirette a Lampedusa.