Parigi: le vere ragioni della rivolta nelle banlieues. E’ fallito il sogno multiculturale francese

FIRENZE – Dal quotidiano online La Nuova Bussola quotidiana traiamo un’interessante analisi delle recenti rivolte che hanno sconvolto la Francia di Emmanuel Macron, riferite all’irrisolto problema dell’integrazione dei migranti. In un articolo a firma di Souhad Sbai, in data odierna. dal titolo “La Francia paga il prezzo del (fallito) sogno multiculturale”, si cerca di fare il punto della situazione su quanto finora è stato detto (e negato) nelle varie analisi di ciò che è accaduto. Da prospettive diverse, si è registrata una convergenza generale nel riconoscere il fallimento del multiculturalismo, che ha finito per produrre soggetti con un’identità contrapposta anziché amalgamata a quella nazionale. La diagnosi delle cause alla base del fallimento differisce naturalmente a seconda degli orientamenti politici.
A sinistra non hanno perso tempo nel riesumare il ritornello della “mancata integrazione” dovuta al razzismo intrinseco alla mentalità neo-colonialista prevalente nella società francese. La solita foglia di fico, insomma, volta a nascondere i limiti evidenti manifestati dal proprio stesso approccio paternalistico e assistenziale, che mentre contribuiva e non poco a generare nelle seconde, terze e quarte generazioni aspettative e rivendicazioni di natura socio-economica, ha mancato nel favorire l’accesso allo studio e al mondo del lavoro necessari a far sì che queste venissero soddisfatte, specie di fronte a una larga fetta della popolazione in costante aumento. Di qui, la frustrazione, il risentimento e la voglia di rivalsa che si sono sfogate nell’insorgenza urbana seguita alla tragica morte di Nahel, il 17enne algerino ucciso da un poliziotto.
Da altre parti, si è posto invece l’accento sull’impossibilità di integrare gruppi appartenenti a un’altra civiltà: pur essendo nati in Francia, si resta pur sempre di origini culturali diverse e, se non si realizza l’incontro con la cultura locale, la via che viene intrapresa è inevitabilmente quella dello scontro, caratterizzato anche da un crescente identitarismo etnico, che pone maghrebini e africani contro francesi ed europei. Su tale presupposto, la questione socio-economica non fa altro che aggravare una situazione già compromessa in partenza, specie se a frapporsi come ostacolo al realizzarsi dell’incontro sul piano culturale intervengono i soliti noti dell’identitarismo religioso islamista: Fratellanza Musulmana principalmente, come al solito, sebbene il salafismo radicale stia guadagnando terreno.

Non si tratta certo di dinamiche nuove o recenti. Sono bensì profondamente radicate, come dimostra l’insorgenza del 2005 ai tempi di Sarkozy. Successivamente, sono servite a mettere in moto il meccanismo della radicalizzazione a fini terroristici in nome di Al Qaeda e dell’Isis, che ha insanguinato la Francia con stragi e accoltellamenti, alimentando il fenomeno dei foreign fighters fino alla decapitazione del professor Samuel Paty il 16 ottobre 2020. .
L’elemento religioso, in senso fondamentalista, c’entra eccome. I Fratelli pragmaticamente non si fanno scrupoli nel mescolarsi con la subcultura da banda criminale di quartiere che contraddistingue i giovanissimi che hanno animato gli scontri e le devastazioni dei giorni scorsi. Operano sullo sfondo, avvalendosi anche di influencer e militanti sui social media, in modo da essere il punto di riferimento dei soggetti al centro delle loro attenzioni, allontanandoli sempre di più dal mondo “infedele” che li circonda.

A giudicare dalla portata della sommossa e dall’organizzazione mostrata nel condurla, è improbabile che non si sia trattato di un attacco premeditato contro il governo centrale, di cui l’uccisione di Nahel è stata solo un pretesto, il casus belli per scatenare una violenza che si preparava da tempo.
L’atteggiamento definito da “far west” della polizia francese, di molto induritosi negli ultimi anni, e i difetti del modello laicista francese, che ha fornito alla propaganda e al discorso islamista varie argomentazioni da strumentalizzare, hanno contribuito a consolidare il sostrato su cui poi ha fatto leva il lancio dell’offensiva. Il fatto che i protagonisti siano stati degli adolescenti rende l’idea della spregiudicatezza dei mandanti.

Un campanello d’allarme anche per altri Paesi, in particolare Belgio e Germania, ma anche per l’Italia. Le baby gang che imperversano in alcune città del nord e anche a Firenze (ne fanno fede alcuni recenti arresti) sono di una pasta molto simile. I responsabili della sicurezza per fortuna sono molto attenti agli sviluppi del fenomeno, mentre sinistre e sociologi non trovano di meglio che accusare la società, non traendo insegnamento dalla lezione francese. Tutto è utile pur di cercare di abbattere il governo di destracentro, anche perseguire finalità e obiettivi che contrastano con gli interessi del popolo italiano. Ma da sempre questa è una strategia delle sinistre, pur di riconquistare il potere perduto, con la connivenza di alcuni settori della magistratura e confidando sulla benevolenza (diciamo così) delle più Alte Istituzioni nazionali.

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