Il Pd contesta l’autonomia differenziata di Calderoli, ma i suoi sindaci intanto scavalcano i prefetti

ROMA – Dopo la pessima riforma delle autonomie locali, approvata nel 2001 dalle sinistre a maggioranza con soli 4 voti di scarto, il ministro Minniti (Pd) aveva cercato nuovamente di dare ai sindaci maggiori poteri in tema di sicurezza urbana, proponendo e facendo approvare, la legge 18 aprile 2017, n. 48, offrendo ai primi cittadini la possibilità d’incidere maggiormente, attraverso appositi provvedimenti, sulla tutela dell’ordine pubblico e del
contrasto a fenomeni di criminalità, per quei comportamenti che pregiudicavano l’ambiente urbano o disturbavano la convivenza civile.

Si è intervenuti anche nella ridefinizione di “sicurezza integrata”, del riparto cioé di competenze tra livelli istituzionali diversi.A partire dai governi locali, primo fra tutti il Comune ma anche la Provincia e la Regione, per collegarli all’azione degli organi locali del Ministero degli interni, la Prefettura e la Questura, oltre alle varie forze di polizia, tra cui l’Arma dei carabinieri, la Guardia di Finanza. Per attuare meglio quest’azione coordinata sono da tempo in vigore i patti di sicurezza urbana siglati tra prefetti, regioni, comuni e attori sociali operanti sul territorio.

Adesso la Lega, e per essa il ministro Calderoli, è tornata all’attacco per conferire maggiori poteri alle regioni, attraverso il sistema dell’autonomia differenziata, previsto dall’art. 166 della Costituzione. E’ stato predisposto uno specifico ddl, che il ministro vorrebbe portare avanti in previsione delle prossime elezioni regionali.

Ma fra le forze politiche non c’è accordo, sia perché le sinistre contestano alcuni aspetti della nuova riforma, sia perché le regioni del sud, paladino il governatore campano Vincenzo De Luca. osservano che con il nuovo provvedimento si aumenterebbe la distanza fra Nord e Sud dell’Italia.

Il tema più controverso consiste nel fatto che il ddl progettato non include nessun requisito tecnico minimo per ottenere l’autonomia, non si richiede che la regione richiedente abbia i conti in ordine o non sia stata commissariata in precedenza per la gestione delle materie di cui fa richiesta. Inoltre si dibatte sul fatto che, oltre alle 23 materie già previste dal provvedimento (ogni regione potrebbe scegliere di acquisirne tutte o solo una parte), rientrino nel giro anche istruzione, produzione di energia e tutela dell’ambiente. Temi delicati che rischiano di creare spaccature, propugnati dalla Lega e contestati dalle sinistre, ma anche da Forza Italia.

Intanto però, in attesa di ulteriori passi in avanti, i sindaci di sinistra già agiscono per conto loro, intervenendo, ad esempio, in materia di sicurezza, tutela del patrimonio artistico e infrastrutture, arrivando a sostituire in pratica gli organi statali titolari dei poteri secondo le leggi in vigore.

Ricordo che alcuni sindaci, di ogni colore politico, da sempre hanno mal sopportato alcuni “divieti” posti dalle varie soprintendenze, tanto che, come reazione, i governi recenti hanno provveduto a una serie di sostituzioni di dirigenti italiani con esperti stranieri. Inoltre anche in tema di sicurezza, e in particolare d’immigrazione, si è andati in ordine sparso, tanto che sindaci e presidenti di regione si sono opposti, ad esempio, alla creazione di cpr, centri di rimpatrio per stranieri, per motivi squisitamente ideologici.

Alcuni contrasti ci sono sempre stati ed è’ ben vero che qualsiasi governo, da sempre, si è guardato bene dall’inviare funzionari sgraditi alla politica locale, con la quale il prefetto deve fare i conti e collaborare, giocoforza, ma è anche vero che in alcune occasioni prefetti che avevano adottato decisioni utili per la sicurezza e la tutela della legalità, sono durati in qualche sede molto poco tempo.

Ma non è un’abitudine recente, è sempre stato così. Un sindaco e un presidente di regione non può essere sostituito dal governo, tranne che nei (rari) casi previsti dalla legge, mentre i prefetti hanno sempre a portata di mano la valigia, pronti a spostarsi dove il Consiglio dei ministri ritiene opportuno destinarli. Un vecchio prefetto definiva la nostra categoria “il fusibile dell’ordinamento”, che paga, spesso senza colpa, anche per gli sbagli degli altri. Ci sono altri esponenti dei poteri statali che invece non pagano mai per i loro sbagli, paga sempre Pantalone. Ma questo è un altro discorso.

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