Le difficoltà attuali dell’operazione militare russa, che vede un contrattacco e una reazione efficace di Kiev, fanno tornare d’attualità un piano segreto firmato da Putin che precisa gli interventi da attuarsi in caso di “Un’aggressione contro la Federazione Russa, anche con armi convenzionali, che metta a repentaglio “l’esistenza stessa dello Stato”.
Sono sei pagine, 25 punti nero su bianco, in calce la firma di Vladimir Putin. Avvolta per decenni nell’ombra della Guerra Fredda, dal 2020 la dottrina della deterrenza nucleare di Mosca è contenuta in un decreto presidenziale che ne stabilisce limiti e condizioni d’intervento, ampliando il novero delle circostanze in cui potrebbe essere impiegata.
La politica russa, spiega il testo, “si configura come difensiva, con l’obiettivo di mantenere il potenziale nucleare nel mondo a un livello sufficiente per esercitare la deterrenza”.
Ma questo primo documento pubblico – le versioni precedenti sono sempre rimaste classificate – va oltre, sottolineando che la linea rossa non è solo “l’esistenza”, ma anche “la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato”.
Alle armi nucleari “tattiche” – con un potenziale distruttivo e una gittata ridotti rispetto a quelle tradizionali, definite “strategiche” – Mosca si riserva quindi di ricorrere nel campo di battaglia anche se dovesse avvertire una minaccia periferica e limitata alle sue frontiere.
Tra i principali pericoli che potrebbero giustificare l’uso della deterrenza, dice il testo, c’è il dispiegamento da parte di Stati potenzialmente avversari di difese antimissile, missili balistici o cruise a corto e medio raggio, armi ipersoniche e ad alta precisione convenzionali, armi a energia diretta e droni d’assalto.
Un quadro che ora qualcuno, a Mosca, potrebbe essere tentato di applicare alla situazione in Ucraina, viste le armi fornite a Zelensky dall’Occidente, in particolare da Biden, facendo ricorso all’enorme arsenale nucleare, che dopo il caos seguito alla caduta dell’Unione Sovietica nell’ultimo ventennio e’ stato modernizzato.
Il Bulletin of the Atomic Scientists parla per esempio di 4.477 testate nucleari a disposizione, di cui 1.588 pronte all’uso e montate su basi di lancio da terra, lanciamissili sottomarini e cacciabombardieri.
L’unico dito che può premere il bottone resta in ogni caso quello di Putin. L’articolo 18 dei ‘Principi base della politica statale della Federazione Russa in materia di deterrenza nucleare’ stabilisce che la decisione sul suo impiego spetta solo al capo dello Stato, sulla base di una personale valutazione delle eventuali minacce.
Le parole al riguardo del presidente russo, che pochi giorni dopo l’inizio della guerra ha messo in allerta il sistema difensivo nucleare “in risposta alle dichiarazioni aggressive dell’Occidente”, non sono certo parse rassicuranti.
Le minacce di “un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o ad armi atomiche a basso potenziale”, del resto, sono state ritenute credibili anche dalla Cia, che già qualche mese fa aveva assicurato di non prenderle “alla leggera”, vista anche “la potenziale disperazione del presidente Vladimir Putin e della leadership russa”. Oltre alla dottrina, è insomma l’avvertimento degli 007 americani, ci sono sempre gli uomini e le loro scelte.
